Serra de’ Conti

 

Il centro storico di Serra de’ Conti, una delle terre murate più ampie della provincia, conserva quasi  quasi intatto l’impianto urbano medioevale.

 

 

 

Fra XII e XIII secolo fu istituita la Pieve ad opera dei monaci benedettini provenienti dall’Abbazia di Santa Croce in Fonte Avellana (Sassoferrato), e fu anche costruito il “castrum” per iniziativa di consorterie gentilizie originarie in parte dell’area preappenninica longobarda. Ad esse appartennero i Conti che governarono, in nome dell’impero, il primitivo castello fino a quando, verso il 1230, prese avvio l’Associazione comunale. Da questo periodo, nonostante le limitazioni politiche imposte dall’alleanza con la vicina città di Jesi, il comune conobbe un rapido sviluppo territoriale e un periodo di relativa floridità economica, dovuta ad una ricca agricoltura e ad una vivacità commerciale.

COSA VISITARE

Castello e città muraria quasi completamente intatti, con dieci torrioni e l’imponente porta fortificata.

Monastero di S. Maria Madddalena (XV secolo) tutt’ora abitato da monache Clarisse francescane, ha una struttura fortificata. Il convento si segnala per notevoli opere d’arte, ma soprattutto per una ricca collezione di strumenti artigianali che presto saranno esposti in un Museo delle Arti Monastiche.

Palazzo Comunale ex educandato del monastero, conserva quattro interessanti affreschi.

Chiesa di S. Croce (XVI secolo) e Palazzo Honorati-Trionfi entrambi su via Garibaldi e vicino al pittoresco Vicolo Cafoscolo.

Monastero femminile di S. Carlo Borromeo costruito nel 1600 accorpando antiche strutture medievali.

Chiesa di S. Michele (XII secolo) edificata dai monaci benedettini dell’Abbazia di Sitria, è d’impianto romanico; mentre gli affreschi presenti vanno dal 1300 al 1800.

Chiesa rurale di S. Fortunato (XII secolo) sorge in territorio di confine tra Montecarotto, Ostra Vetere e la stessa Serra. Appartenuta alla Chiesa di Ravenna, fu ricostruita nel 1400.

 

UN COMMERCIO IN CRESCITA

Serra de’ Conti, al pari di altri centri rurali marchigiani, nell’immediato dopoguerra viveva ancora di una agricoltura povera, dalle scarse fonti occupazionali, generatrice di emigrazione diffusa.

All’inizio degli anni ’60 iniziò un processo di radicale cambiamento; imprenditori locali diedero origine alle prime industrie calzaturiere che diedero una spinta notevole alla crescita economica del territorio. Nello stesso tempo avevano inizio esperienze produttive in altri settori, dalle minuterie metalliche tornite all’abbigliamento.

Nell’agricoltura si fermò l’abbandono e, al contrario, il processo generale di crescita contribuì alla modernizzazione del settore con specializzazioni legate alla zootecnica e viticoltura, particolarmente importante nella zona del Verdicchio DOC.

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